venerdì 29 gennaio 2010

Bersani: "Non mollo, è questa la strada per costruire l'alternativa"


fonte  Simone Collini - L'Unità

Quando la polvere verrà giù, si capirà che alle regionali possiamo giocarcela. E che abbiamo evitato il rischio mortale di trovarci a metà legislatura con un partito chiuso in una riserva indiana». Le primarie pugliesi vinte da Nichi Vendola, le dimissioni del sindaco di Bologna Flavio Delbono. E poi le accuse di «politicismo» e insieme le difficoltà ad allargare i confini dell’alleanza, le candidature ancora da scegliere e il ricorso alle primarie, i troppi «personalismi» dentro al partito e un «senso di appartenenza» su cui bisogna lavorare. Pier Luigi Bersani non sottovaluta la difficoltà della situazione, ma a chi guarda al Pd vuole dare un messaggio rassicurante.


Reichlin sull’Unità ha scritto che le centinaia di migliaia di persone che fanno la fila per partecipare alle vicende del vostro partito danno “una forte spinta”. E però la vicenda pugliese ha segnalato quantomeno un’incomprensione, non crede?

«L’incomprensione riguarda il modo in cui noi possiamo interpretare la spinta per portare l’alternativa. Si è creata una sorta di dissociazione fra le radici da cui dobbiamo trarre energia e il grande orizzonte. Perché certamente questo passaggio è stato letto, per difficoltà anche nostre, come politicismo».

Lei lo ha detto più volte che la priorità sono le alleanze.
«E continuo a dirlo, non mollo su questo. Ora dobbiamo riuscire a far capire che quando si parla di alleanze lo si fa a partire dai sommovimenti profondi che ci sono nella società. Quando parliamo di alleanze parliamo di noi, delle nostre idee, dei nostri valori, parliamo di lavoro, uguaglianza, diritti, di una democrazia che non può diventare un plebiscito. Berlusconi ha ancora consenso ma non offre più un orizzonte. E noi non stiamo lavorando su un accrocchio politicista. Stiamo cercando le vie politiche per unire tutte le forze che possono costruire un’alternativa».


Per le regionali non ci siete riusciti.
«Le regionali sono una tappa. Dimostreremo che non siamo nella riserva indiana in cui il centrodestra ha pensato che fossimo dopo le europee e anche che è possibile portare l’avvicinamento delle forze di opposizione a una dimensione di governo in molte regioni».

l Pd ha però anche dimostrato difficoltà nella scelta delle candidature.
«Di problemi ne ho parlato anche durante il congresso e non è che si risolvano in quattro settimane. Riguardano il rapporto fra competizione e coesione. Ci sono elementi di anarchismo e di personalismo che richiedono di mettere mano a un tema che non si può rinviare, e cioè che noi giustamente ci siamo attrezzati su meccanismi che codificano elementi competitivi, selettivi, di partecipazione, ma non ci siamo occupati abbastanza di elementi coesivi, che non possono essere lasciati solo ai comportamenti, ma che devono far parte di regole su cui dobbiamo discutere. Ma detto questo, guardiamo ai fatti. In 10 delle 13 regioni che votano abbiamo già scelto le candidature. In sette sono del Pd, gli altri candidati sono personalità di primo piano come Vendola, Bonino e Bortolussi. L’Udc, che cinque anni fa era ovunque col centrodestra, stavolta tranne Lazio, e poi vedremo cosa succede in Campania e Calabria, o è con noi o va da solo».

Parlava della partecipazione e degli elementi competitivi: dopo le primarie pugliesi lo strumento è a rischio?
«Si tratta di un tema che anche statutariamente dovremo chiarire meglio. Noi le abbiamo inventate e non le molleremo mai. Tuttavia ci sono primarie e primarie. È il collettivo degli organismi dirigenti che deve prendersi la responsabilità di modelli partecipativi. Perché le primarie sono meccanismi che possono suscitare la primavera oppure testimoniare che ci indeboliamo per le secondarie. E questo in un partito deve essere valutato da collettivi, da organismi dirigenti, altrimenti non c’è ragione che ci sia un partito. L’obiettivo è battere la destra e portare avanti i nostri valori. Valori di uguaglianza, lavoro, solidarietà. E quindi la politica deve avere la sua barra. Un partito non è un notaio».


La vicenda pugliese ha mostrato che le soluzioni degli organismi dirigenti e esiti delle primarie non sempre coincidono, non crede?
«Non è un tema da drammatizzare, ma dobbiamo riconoscere che le primarie sono uno strumento che va affidato a degli organismi che a loro volta sono stati eletti con meccanismi che quasi sempre prevedono le primarie. Ci sono casi in cui le primarie suscitano la primavera, in cui consentono di sollecitare un’opinione. Ma ci possono essere dei casi in cui le primarie vengono lette dai cittadini come un problema interno, come incapacità di decidere. Facciamo attenzione, non chiamiamo con lo stesso nome tutte le cose».

Ci sarà chi commenterà negativamente anche questo, lo sa?
«Guardi, vedo anche gente che si dice amica nostra, anche molti commentatori, che ci sollecitano a lavorare in partecipazione, en plein air, e contemporaneamente leggere questo in termini di caos e divisione. O l’una o l’altra cosa, perché altrimenti c’è un elemento di slealtà verso il nostro progetto. Quando la polvere sarà venuta giù, noi saremo una squadra. Anche se dubito che saranno in molti alla fine a dirlo».

Prodi ha detto a Repubblica di non sapere cosa rispondere quando la gente gli chiede: ma chi comanda nel Pd?
«A Prodi voglio bene, ho per lui affetto e rispetto inattaccabili, anche quando gli si attribuiscono cose che non condivido. C’è un filo logico, che anche dentro un partito che ha i problemi che ha noi dobbiamo tirare sia nei giorni brutti che nei giorni belli. A me non sarebbe difficile rispondere al richiamo della foresta, battere sull’identità, sul noi, sull’avanti così. Sono capace anch’io. Ma se non abbiamo il coraggio di andare in luoghi anche complicati, Berlusconi non lo mandiamo a casa».


Nessuna autocritica anche sul caso Puglia?

«Su un punto, e cioè se noi dovessimo giocarci o no questa rischiosa coerenza. Si può concludere che abbiamo sbagliato a correre quel rischio. Ma l’idea di fondo non si può abbandonare. Noi non siamo mai stati contro Vendola. Abbiamo registrato che non eravamo in condizione di fare una coalizione vincente. E quindi abbiamo cercato strade che non escludessero Vendola, ma che trovassero un diverso assetto. La rischiosa scommessa è stata quella di proporre comunque un progetto, sapendo naturalmente che andavamo incontro a una sfida difficile. Una decisione che ha comunque condizionato scelte nell’altro campo, a cominciare da quelle dell’Udc. Ora se vogliamo, e dobbiamo, lavorare per vincere in Puglia, bisogna mettere da parte qualche argomento di troppo ascoltato, come la descrizione del Pd come partito che lavora sul politicismo, la nomenclatura».

Sempre convinto che si possa discutere con Berlusconi di riforme? Non tutti nel suo partito lo sono.
«Guardi, il nostro paradosso è che Berlusconi conosce noi meglio di quanto noi conosciamo noi stessi. Sa benissimo che abbiamo dei paletti. Che se oltrepassati porterebbero al referendum. Lo sa e non apre il tavolo. Ma noi che siamo un partito riformista dobbiamo chiedere il rafforzamento del sistema parlamentare, perché ogni giorno che passa loro avvelenano i pozzi del sistema. Questa cosa del sospetto, che gira dalle nostre latitudini, ci fa male. Noi dobbiamo essere più sicuri di noi. Io sono disposto ad andare a uno show down popolare su questo tema. Mi spaventa molto meno che lasciar correre tutti i giorni una deriva, una deformazione di questa nostra Costituzione. i continui dubbi ci indeboliscono. Se continuiamo a pensare che qualcuno di noi vuole vendersi a Berlusconi non andiamo da nessuna parte».

Galli Della Loggia scrive sul Corriere, dopo il caso Delbono, che la sinistra non può più pretendere di incarnare una superiorità morale nei confronti della destra. Cosa risponde?
«Che ogni analisi deve partire da una considerazione onesta che riassumerei così: paese che vai, usanze che trovi. Da noi funziona che anche un amministratore che proclama a voce dispiegata la sua innocenza dice prima di tutto la città. C’è un civismo e un’opinione pubblica che non tollera ombre. Allo stesso modo si potrebbe dire prima di tutto il paese, l’Italia. Un’analisi onesta non può non partire da questa colossale differenza di comportamenti. Il resto lo vede la magistratura, che dirà se i comportamenti sono stati leciti o illeciti. Aggiungo che mi aspetto tutti gli attacchi strumentali della destra, ma anche che ci sarà una netta smentita, perché certamente l’emozione è forte, certamente conoscendo quei luoghi la sensibilità su questi fatti è acutissima, ma la cosa più importante è cosa fai, come ti comporti, come reagisci, è come fai vedere che noi non siamo loro. E fin qui ci siamo riusciti, a cominciare da Delbono».

Come pensa si possa alimentare l’orgoglio di appartenenza al Pd, in un popolo anche frastornato da tutte queste vicende?
«Dimostrando che noi abbiamo un’altra agenda rispetto alla destra, che siamo il partito del lavoro, dei redditi medio bassi, dell’ambiente, che interpreta meglio in chiave popolare quello che la gente vive. E poi identificando il Pd come il soggetto che, non da solo, può veramente e non a chiacchiere mandare a casa Berlusconi».


giovedì 28 gennaio 2010

Intervista dell'On. Daniela Sbrollini sulle elezioni regionali del Veneto a Radio Radicale


Ospitiamo nel nostro blog l'intervista dell'On. Daniela Sbrollini sulla candidatura di F. Bortolussi presidente della CGIA di Mestre alla presidenza della Regione Veneto nella coalizione guidata dal PD. Il suo intervento si focalizza anche sulle vicende relative alle Elezioni Regionali del Veneto. Riteniamo sia importante comunicare la natura e le ragioni delle scelte che sono state fatte nella nostra regione. Complesso è stato il cammino e finora non è ancora concluso nei suoi dettagli, con questo intervento vogliamo dare un utile contributo alle informazioni e alla chiarezza per la sfida politica che ci aspetta, siamo sicuri che si possa aprire la contesa e anche vincerla se sapremo fare proposte politiche credibili.
Massimo Follesa
per ascoltare clicca e vai al link con Radio Radicale:

SOS Caccia


PUBBLICHIAMO UN APPELLO DEL WWF SUL TEMA DELLA CACCIA E DELLE REGOLE COME SONO INTESE DA CHI GOVERNA IL PAESE E GOVERNA LA NOSTRA REGIONE...... COSA LORO!

Cara Amica, Caro Amico,

ti scrivo perchè siamo in una situazione di estrema emergenza: c'è il rischio che venerdì prossimo il Senato approvi l'Articolo 38 della cosiddetta Legge Comunitaria che, tra le tante cose, prevede la cancellazione degli attuali limiti massimi della stagione venatoria, si aprirebbe così una stagione di Caccia Selvaggia per tutto l’anno.
Gli autori di questa proposta scandalosa contano sul fatto che nessuno se ne accorga...
Aiutaci a farli fallire!
Per impedire che questo Articolo sia approvato, diffondi più che puoi l'informazione:
- inoltra questa mail ai tuoi contatti
- pubblica sul tuo sito o sul tuo blog l'Appello a Berlusconi
 - usa Facebook
- fai sentire la tua voce sul nostro blog cacciatori brava gente

Più siamo e più forte sentiranno il nostro NO.
Grazie del tuo aiuto

Patrizia Fantilli

Responsabile e Coordinatore Ufficio legale e legislativo


Tutela della privacy
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domenica 17 gennaio 2010

Tanto i "negri" non votano…

Pubblicato da quaderni di frontiera: Quaderni di Frontiera é uno spazio di cultura politica, uno strumento di riflessione pubblica che ha come obiettivo quello di alimentare la discussione allargandone il campo a professionalità e competenze. E’ un luogo dove possono incontrarsi e confrontarsi le diverse tradizioni culturali e politiche, sviluppando idee e proposte in grado di contribuire a ridefinire il campo progressista, guardando all’Europa e alle sfide internazionali.

LUNEDÌ 11 GENNAIO 2010

Tanto i "negri" non votano…

di Lorenzo Frixione - Savona -

Rosarno. Un paese che conta circa 16 mila abitanti, affacciato sul golfo di Gioia Tauro.
Rosarno. Un area tradizionalmente coltivata ad agrumi e ad oliveti grazie ad un territorio particolarmente fertile. 
Rosarno. Un comune sciolto nel 2008 per infiltrazione mafiosa e da allora retto dal commissario prefettizio.
Rosarno. 5000 immigrati, 23 diverse nazionalità, tra extra-comunitari e comunitari.
Un ghetto, una Soweto italiana in cui il valore della vita umana di un “negro”si calcola in una ventina di euro a giornata.
Vivere per lavorare nei campi, vivere come gli schiavi solo per servire.E non ci sono “Bossi-Fini” che tengano, né regolamenti di flussi, di ingressi e di quote, al massimo regolamenti di conti.
Questo circo deve continuare ad andare avanti perché così decidono i padroncini terrieri e la ‘ndrangheta.L’imperativo è “raccogliere” e per raccogliere ci vogliono le braccia, a bassissimo costo ovviamente.
Per cui cosa c’è meglio di qualche moderno schiavo?
Gli schiavi non hanno bisogno di diritti, non hanno bisogno di assistenza sanitaria, di case dove vivere, di servizi sociali.
Gli schiavi muoiono e se muoiono saranno sostituiti da altri schiavi per consentire alla macchina di continuare a girare, così è e così sarà per sempre.
Però, la storia insegna che qualche volta basta una scintilla, un fuoco o come in questo caso dei colpi di pistola per creare un cortocircuito ed innescare la rivolta.
Così è stato dopo la strage di Castelvolturno, così (ormai più di dieci anni fa) a Villaliterno.La rivolta anche a Rosarno è esplosa, violenta e al contempo coraggiosa.
Una rivolta con modalità sicuramente criticabili, ma che è urlo di disperazione e denuncia.Saviano afferma “Gli immigrati sembrano avere un coraggio contro le mafie che gli italiani hanno perso, poiché per loro contrastare le organizzazioni criminali è questione di vita o di morte”.
E tutto questo avviene mentre gli stessi abitanti di Rosarno invocano l’aiuto della ‘ndrangheta per riportare ordine.Quello stesso ordine che invoca anche il Ministro Maroni affermando “Troppa tolleranza verso gli immigrati”.
Già, la tolleranza zero!Bella la tolleranza zero se si applica contro i disperati, gli ultimi, gli schiavi!
Tanto agli occhi di chi invoca la legalità a fasi alterne e schizofreniche questi uomini sono solo animali da sfruttare.
Bella la tolleranza zero se non tocca il potere mafioso e mantiene intatto il “sistema delle cose”!
E mentre il Governo fa vedere che interviene brillantemente con il trasferimento dei migranti; dei fatti di Rosarno ci ricorderemo solo alla prossima rivolta, possibilmente dopo le regionali.
Ora bisogna andare avanti, lasciare che la campagna elettorale cominci ed anestetizzi le coscienze di ciascuno impregnandole di parole, sorrisi, manifesti, spot ecc.
Tanto nelle varie Soweto italiane non ci sono i seggi elettorali perché i “negri” non votano.

venerdì 15 gennaio 2010

Rosarno: Lavoro, Dignità, Sicurezza

A Rosarno l'80% dei lavoratori erano in regola o richiedenti asilo, erano sfruttati al limite della schiavitù, invece di colpire gli sfruttatori e la malavita che supervisione il caporalato, invece di peroteggere il diritto dei lavoratori e il principio costituzionale del lavoro, il Governo del Ministro leghista Maroni, ha scelto di deportare oltre un migliaio di lavoratori: il rispetto della legalità, non può prescindere dal rispetto dei diritti e dei principi che sono privi di colore e nazionalità.
Massimo Follesa


giovedì 14 gennaio 2010

Sistema Lazio: deleghe comunali e ricerca di voti

Alemanno si conferma il sindaco della fantasia. La Polverini rimesta nel torbido e glissa sullo scandalo delle tessere gonfiate del Ugl


Il Lazio al centro dell'agenda politica. Non solo per il profilarsi delle prossime elezioni regionali ma anche per le vicissitudine più bizzarre che si accompagnano all'attualità e alla creazione delle coalizioni di destra. A farla da padroni il sindaco di Roma, Gianni Alemanno e la candidata governatore per il Pdl, Renata Polverini.Il sindaco delle alluvioni siamo in allerta, è sempre in prima fila quando si parla di fantasia. Se dovesse essere paragonato ad un personaggio storico sarebbe sicuramente un re/principe borbone di Napoli. Allora per tenere “buoni” i sudditi si elargivano cariche onorifiche nobiliari che donavano un po' di sangue blu e tanta calma. Oggi, a suo modo, Alemanno per far sbollire le correnti in seno al Campidoglio continua a nominare delegati a qualcosa. Sono circa una ventina, tutti amici, che godono di uno status personale con e senza portafoglio. Ma da domani ce ne sarà uno nuovo: l'avvocato penalista Domenico Vaccari sarà nominato delegato comunale ai rapporti con la comunità calabrese! Non è uno scherzo né, tanto meno, una mossa anti Lega, poco digerita al primo cittadino romano. E la Puglia, il Molise, la Basilicata, la Campania? C'è per caso la volontà di ricostruire il regno delle due Sicilie? Niente di tutto questo.In realtà è una mossa che di comico ha solo la facciata. Alemanno sa bene che la comunità calabrese residente a Roma è forte e molto numerosa. Un bacino di voti davvero copioso. Un piccolo tesoro che va gestito e alimentato con un delegato in più. Del resto, cosa non si farebbe per avere più consenso e più voti! Da fonti poco attendibili si sa che la giunta comunale ora si aspetta che venga nominato anche il delegato per la cura della Magna Grecia.La candidata alla carica di governatore del Lazio, Renata Polverini non naviga in buone acque. In concomitanza con la non-scelta del suo avversario alle elezioni, ha sempre mostrato sicurezza e un po' di spavalderia. La possibile candidatura di Emma Bonino deve davvero averle scombinato i piani. Insomma, un po' di sana paura che l'ha indotta a razzolare a destra e ancora più destra! Arruolati nella allegra brigata si ritrovano la Destra di Francesco Storace, la Fiamma Tricolore di Luca Romagnoli e il Movimento per l'Italia di Daniela Santanchè. E dato che a destra c'è sempre spazio non è impensabile che ci si possa spostare oltre fino a Forza Nuova di Roberto Fiore. Insomma un'alleanza nazional-socialista..Ma i problemi per la Polverini non arrivano solo dalla ricerca ad oltranza dei voti da accaparrarsi. Europa, il quotidiano diretto da Stefano Menichini, ha oggi pubblicato un reportage sui metodi tarocchi di tesseramento al sindacato Ugl, di cui la Polverini è il segretario. Si tratta della soluzione 10%, ovvero “dichiarare dieci volte le tessere reali per vantare più potere di rappresentanza di quello che effettivamente ha”. In altri termini dei due milioni di iscritti dichiarati, effettivi sono solo poco più di 200mila. Alla domanda “tutto questo è vero?” la Polverini ha preferito prima un no-comment e poi ha sparato nel mucchio: “non voglio che il mio sindacato sia coinvolto nella campagna elettorale anche perché dovrei dire cose che non posso rivelare nell'interesse dei lavoratori italiani. Insomma dalla Polverini alla polveriera