Andrea Causin è il primo a sinistra |
E’ trascorso un anno esatto dal congresso regionale.
Nell’ottobre dell’anno scorso ho compiuto una scelta di responsabilità.
Pur non essendo in presenza di un risultato netto di alcuno dei contendenti, ho ritenuto che l’indicazione di voto dell’assemblea regionale dovesse andare a Rosanna Filippin, in quanto anche se non aveva superato il 50% dei consensi degli elettori delle primarie, aveva comunque raccolto una indicazione prevalente armonicamente all’andamento della mozione Bersani a cui era collegata la sua candidatura.
Oggi, a distanza di un anno, sento la responsabilità di scrivere questa lettera perché in tutta evidenza il nostro partito è privo da tempo di iniziativa politica.
Non ha offerto, a quella che oramai definisco la secessione dei nostri elettori, né risposte di carattere politico, tanto meno ha saputo dotarsi di un assetto efficace sul piano organizzativo.
Il segno della crisi è nei numeri. Non tanto nelle percentuali, quanto nei valori assoluti.
Alle politiche 2008, 812.406 veneti hanno votato Partito Democratico.
Alle regionali 2010 hanno votato il nostro partito solo 456.309 veneti, su una popolazione di quasi 5 milioni.
Il risultato delle regionali, non solo offre un’idea del fatto che abbiamo perso in soli 2 anni quasi metà del nostro corpo elettorale, ma delinea una prospettiva di progressiva residualità che mette a rischio le poche situazioni di governo che ancora deteniamo, grazie alle personalità forti che abbiamo messo in campo.
Carissime Democratiche e Democratici,
Fermo restanto il mio impegno nel PD e per il PD, in data odierna ho rassegnato le dimissioni dalla carica di vice segretario regionale del PD Veneto.
Di seguito la lettera con le motivazioni.
Fermo restanto il mio impegno nel PD e per il PD, in data odierna ho rassegnato le dimissioni dalla carica di vice segretario regionale del PD Veneto.
Di seguito la lettera con le motivazioni.
Alla cortese attenzione di
Componenti Assemblea Regionale
Componenti Direzione Regionale
Amministratori locali, Parlamentari,
Consiglieri Regionali
Segretario Regionale PD Veneto
Segretario Nazionale PD
E’ trascorso un anno esatto dal congresso regionale.
Nell’ottobre dell’anno scorso ho compiuto una scelta di responsabilità.
Pur non essendo in presenza di un risultato netto di alcuno dei contendenti, ho ritenuto che l’indicazione di voto dell’assemblea regionale dovesse andare a Rosanna Filippin, in quanto anche se non aveva superato il 50% dei consensi degli elettori delle primarie, aveva comunque raccolto una indicazione prevalente armonicamente all’andamento della mozione Bersani a cui era collegata la sua candidatura.
Oggi, a distanza di un anno, sento la responsabilità di scrivere questa lettera perché in tutta evidenza il nostro partito è privo da tempo di iniziativa politica.
Non ha offerto, a quella che oramai definisco la secessione dei nostri elettori, né risposte di carattere politico, tanto meno ha saputo dotarsi di un assetto efficace sul piano organizzativo.
Il segno della crisi è nei numeri. Non tanto nelle percentuali, quanto nei valori assoluti.
Alle politiche 2008, 812.406 veneti hanno votato Partito Democratico.
Alle regionali 2010 hanno votato il nostro partito solo 456.309 veneti, su una popolazione di quasi 5 milioni.
Il risultato delle regionali, non solo offre un’idea del fatto che abbiamo perso in soli 2 anni quasi metà del nostro corpo elettorale, ma delinea una prospettiva di progressiva residualità che mette a rischio le poche situazioni di governo che ancora deteniamo, grazie alle personalità forti che abbiamo messo in campo.
Do merito a Rosanna di avere condiviso e raccolto la mia preoccupazione prima dell’estate.
Anche in relazione alla difficoltà del conseguimento del numero legale degli organismi assembleari (direzione e assemblea) e alla prolungata e mancata convocazione dell’esecutivo regionale.
Dopo l’estate ci sono state due riunioni di quello che è stato definito “l’ufficio politico”, un organismo exra-statutario dei maggiorenti veneti del Partito Democratico, in particolare deputati, amministratori e consiglieri regionali.
L’ufficio politico ha condiviso, nelle due riunioni, la difficoltà in cui versa il partito, soprattutto in relazione all’assenza di iniziativa politica, nel momento in cui il centro destra sta rappresentando all’opinione pubblica le proprie divisioni, contraddizioni e fragilità.
Il gruppo dirigente del PD Veneto, a mio avviso, non ha svolto un analisi onesta delle ragioni per cui non siamo, in questi mesi, riusciti a radicare la nostra proposta politica.
Ha genericamente dichiarato chiusa e archiviata la fase del congresso e delle mozioni che ci hanno consentito di costruirlo e ha affidato le proprie speranze a quella che è stata definita la “fase 2”, attraverso una generica volontà di fare meglio e di impegnarsi di più.
Se qualcuno, per ragioni elettorali, di convenienza o peggio per superficialità, preferisce la conservazione dello status quo e la nobile arte del tirare a campare, io credo invece che non possiamo far finta di non vedere le difficoltà in cui versano i nostri circoli, le fatiche dei nostri amministratori locali, al fronte nei piccoli comuni, e la difficoltà drammatica che abbiamo di rappresentare la società Veneta, nelle sue sfaccettature e nelle sue rapide evoluzioni.
Eppure i temi non mancherebbero.
La lunga decrescita economica che sta vivendo la nostra regione dall’ottobre del 2007, sta cambiando radicalmente i legami economici e sociali del nostro territorio.
C’è la necessità che la politica torni a occuparsi delle politiche per lo sviluppo, quelle che il Presidente della Repubblica in visita a Venezia, ha avuto l’ardire di chiamare politiche industriali.
E congiuntamente è necessario ripensare il lavoro e l’insieme dei diritti delle persone che lavorano.
Abbiamo bisogno di trovare coraggio e affrontare con decisione e parole nuove la riorganizzazione del sistema sanitario, ma anche le relazioni nelle nostre comunità, che sono segnate sempre di più dall’incontro con i migranti. Un incontro che è foriero di novità ma anche di tragiche contraddizioni se solamente si pensa alle vicende di violenza che hanno coinvolto donne di famiglie islamiche.
C’è l’urgenza di tornare a battersi per l’autonomia dei corpi intermedi, in modo particolare della finanza, soprattutto dopo gli attacchi vergognosi del presidente della Regione alla fondazione Cassamarca e del sindaco di Verona alla fondazione Cariverona.
Personalmente ho accettato, nell’estate scorsa, la candidatura alla segreteria regionale perché ho creduto, e credo, in un PD capace di riformare la politica Italiana, ripensando il ruolo delle istituzioni nel tempo della globalizzazione e della crisi.
Un partito plurale, aperto, radicato nella società.
Capace di chiamare all’impegno le donne e gli uomini migliori della nostra terra.
Ho sognato un partito capace di essere luogo di confronto e di ideazione di una prospettiva nuova per l’economia e per la società del Veneto.
In questi mesi, mentre maturava in me la consapevolezza della distanza tra il PD in Veneto e la società che si candida a rappresentare, ho scelto responsabilmente di stare al mio posto, nella fiducia che il tempo offrisse le condizioni di una inversione di tendenza.
Negli ultimi tempi mi sono assunto, negli organismi, il compito sgradito ai più di porre il problema, soprattutto in relazione alla necessità di comprendere dove abbiamo sbagliato e all’urgenza di tornare a “pensare” i contenuti e i modi della nostra presenza politica.
Oggi credo che essere responsabili significa non tacere e non fingere che tutto va bene, non rinunciare al dibattito, al confronto.
E’ necessario mettersi in discussione e dal momento che il gruppo dirigente veneto non ha intenzione di farlo, comincio dalla mia persona.
Con la presente mi dimetto da vice segretario del partito Democratico Veneto.
Le mie dimissioni non sono una rinuncia, bensì una scelta di proseguire in piena libertà, quell’iniziativa politica di cui c’è tanto bisogno e che per essere svolta non ha bisogno di ruoli e riconoscimenti.
Spero che questo gesto forte, e per certi versi sofferto, possa aprire una discussione vera nel PD del Veneto, che consenta di trovare delle soluzioni vere prima che sia troppo tardi.
Andrea Causin
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